Mi chiamo Luca Trippetti e faccio parte di un gruppo di volontari che portano aiuti umanitari alle persone più fragili, che vivono nelle zone di guerra. In 2 anni e mezzo abbiamo organizzato 27 missioni nelle zone più calde del conflitto scaturito dall’invasione russa, in particolare nella città e nei villaggi dell’oblast di Kharkiv, a Izjum, a Kramatorsk nell’oblast di Donestk (Donbass) e a Kherson, dove un anno fa è crollata la diga.

Portiamo cibo, medicinali e attrezzature mediche, qualche gioco e libri; riusciamo ad arrivare in modo preciso nei luoghi dove il bisogno è più forte grazie ad uno stretto rapporto con la Chiesa greco cattolica ucraina.

Quello che per noi fa la differenza è che, dopo il primo viaggio, non abbiamo più in mente un vago concetto di Ucraina, ma dei volti e dei nomi che conosciamo bene, che abbracciamo fraternamente da tempo, come padre Ihor, rettore del seminario greco-cattolico di Lviv, che ci accoglie e accompagna in ogni missione, e sr Ølexia, che vive da missionaria tra le famiglie, le mamme e i
bambini più vicini alla linea del fronte est.

Abbiamo incontrato centinaia di persone e conosciuto le loro storie incredibili, che si svolgono a qualche ora da qui (il confine italiano e quello ucraino distano come Milano e Lecce).

Abbiamo la storia di Rahissa 67 anni di Rahkove (invasione ed esecuzioni nel villaggio), di Vassilly e Julia do Izijum (occupazione, rastrellamenti crudeli e popolazione alla fame), di Volodomir (scrittore di libri per bambini, padre di un ragazzo autistico, torturato e buttato nelle fosse comuni), le fosse comuni di Izjum dove ci sono ragazzi e anziani, trovati con ossa rotte e amputazioni, e mine nelle tombe per colpire anche chi va a cercare i propri cari; la storia di Masha, 12 anni, morta nel centro commerciale di Karkiv il 25 maggio mentre suo papà cercava di estrarla da una parete incendiata e dalle esplosioni dei bombardamenti sui soccorritori.

La prima volta che sono stato a Leopoli, Pihor ci ha portato nella chiesa di san Pietro e Paolo, dove ci sono molti pannelli con centinaia di foto, con i volti dei ragazzi della città andati al fronte e rimasti uccisi.

A lato, nascosta, c'era un'altra piccola mostra fotografica dal titolo: “A glance for the future” (uno sguardo al futuro), con volti di bambini, loro ancora vivi. Sotto una fotografia c'era scritto 'Vorrei che questa guerra non fosse mai iniziata, perché così mio papà sarebbe ancora vivo, ma io sono sicura che ha difeso noi e il nostro Paese, meglio di chiunque altro (Masha, 7anni)...” quanto è ingiusto questo fatto!!

Perché ci andiamo? Perché abbiamo in mente i volti amici di cui ho detto prima, perché aiutarli aiuta a capire meglio il senso della vita e cosa vale davvero.

Mi occupo di una importante Associazione di Confindustria, prima di partire non è mai il momento per staccare, ci sono cose troppo importanti e urgenti da realizzare al lavoro, problemi complessi da risolvere, poi quando torno tutto si fa più chiaro, mi è più evidente cosa realmente vale e come affrontare il lavoro e la vita.

La cosa più difficile non è partire per una zona di guerra. Abbiamo, ho paura, beh un po’ si, sarebbe da pazzi non ammetterlo dopo aver visto quello che succede e quanto vicino ci arrivano i missili, di giorno e di notte, ma la cosa più difficil è il ripartire. Il tornare a casa dopo una settimana di vita quotidiana con sr Ølexia, con chi incontriamo nei villaggi vicini al fronte: dopo qualche giorno di convivenza, saluti quei volti, quegli occhi e dici 'ciao, io torno a casa'... e loro restano là e un pezzo del nostro cuore anche...

Guardo spesso, durante le mie giornate, l’app che dice dove sta suonando l’allarme dei bombardamenti; oggi mi disturbano molto i colpi dei petardi, i colpi forti, che mi ricordano le esplosioni dei missili.

La prossima settimana ospiteremo a Como 30 bambini tra i 12 e i 15 anni, che arrivano dalle zone di guerra (doveva esserci anche Masha, la bambina uccisa il 25 maggio) per una vacanza in cui essere un po’ più sereni, senza i colpi delle bombe sulle loro case, senza la paura di non poter stare assieme perché gli assembramenti attirano l’attenzione e diventano bersagli privilegiati (le scuole sono chiuse dal marzo 2022 per questo). Sarà faticoso vederli ripartire, ma poi li andremo a trovare spesso.

Negli ultimi viaggi abbiamo portato a casa alcune casse di armi russe, vuote. Abbiamo il progetto di trasformare questi oggetti di male in fioriere, coinvolgendo i migliori fioristi della città e stiamo provando a chiedere che il Papa le benedica, poi faremo un'asta per sostenere i viaggi e le donazioni a famiglie, ospedali e scuole.

La cosa bella è che possiamo condividere ciò che vediamo e la possibilità di fare qualcosa per loro assieme senza essere solo spettatori. Potete raccontare ai vostri amici cosa facciamo, come è la situazione in Ucraina, darci una mano nel raccogliere cibo, aiuti vari, e fondi. Ci trovate facilmente su Facebook e Instagram cliccando Frontiere di Pace. Grazie!